Un curioso accidente di Carlo Goldoni

“L’argomento di questa commedia non è che un fatto vero, verissimo, accaduto, non molto tempo fa, in una città di Olanda. Mi fu raccontato da persone degne di fede in Venezia al Caffè della Sultana, nella Piazza di S. Marco, e le persone medesime mi hanno eccitato a formarne una comica rappresentazione”. Così scrive Goldoni in una nota introduttiva (“L’autore a chi legge”) a “Un curioso accidente”, commedia scritta nel 1760 ed ambientata a L’Aja, in una nobile dimora olandese, intorno alla seconda metà del Settecento. Sotto il ben congegnato meccanismo scenico affiorano aspetti centrali dell’arte goldoniana: il gioco della seduzione, i diversi modi di intendere ed affrontare l’amore, l’eterno conflitto tra genitori e figli. Da una parte un padre che, troppo compiaciuto del successo sociale, non sa capire i sentimenti della figlia e, dall’altra, una figlia che non osando sfidare direttamente l’autorità paterna, nasconde il suo amore contrastato con un sotterfugio che innesterà tutta una serie di “curiosi” equivoci. Ne risulta una commedia che ha l’aspetto di un divertissement leggero con un intreccio piacevole, semplice e trasparente, privo di trame intricate e complesse: il cerchio tracciato racchiude la vita, senza nasconderla e senza spegnerla. E la vita è colma di tenerezze, di sogni, di malinconie, di piccole pazzie e di grandi tracotanze, di cuore e di ragione, di tirannia ed amore.

Le donne curiose di Carlo Goldoni

E’ con straordinario talento che Carlo Goldoni affronta, in questa divertente commedia scritta nel 1753,  il tema della curiosità, caratteristica che, da sempre, è stata attribuita all’universo femminile. Beatrice e Rosaura impazziscono dalla voglia di vedere cosa accade nel “Ridotto di Messer Pantalone”, luogo di ritrovo dei loro rispettivi compagni con gli amici. La prima è convinta che il marito giochi, la seconda teme che il futuro sposo frequenti altre donne. A queste si aggiunge la cameriera, Corallina, che, più curiosa di tutte, saprà ingegnarsi per riuscire a sottrarre le chiavi del “Ridotto” al suo padrone e mettere finalmente piede in questo luogo proibito. Un omaggio alle donne, ai loro dolci difetti e agli ingegnosi progetti che riescono sempre ad attuare; e un ringraziamento agli uomini che, ognuno a proprio modo, sanno comprenderle e accettarle come sono.

La carovana delle maschere

Non poteva mancare nel nostro repertorio uno spettacolo dedicato alle origini della famiglia Lelio: il periodo della commedia dell’arte, iniziato in Italia nel XVI secolo e rimasta popolare fino al XVII secolo. Attori girovaghi (comici) allestivano all’aperto, con una scenografia fatta di pochi oggetti, rappresentazioni basate non su testi scritti (copioni) bensì su canovacci con il solo ausilio della loro capacità di improvvisazione (da qui commedia all’improvviso) e della loro arte estemporanea. La compagnia più famosa, fra quelle antiche, fu la Compagnia dei Gelosi dove si distinse il capocomico Francesco Andreini, in arte Capitan Spaventa il cui figlio, Giambattista, diventerà la maschera Lelio, carattere dell’amante corrisposto. Con gli anni Giambattista Andreini lascerà da parte il suo cognome e comincerà a firmarsi come Lelio. Di qui l’origine di una delle famiglie d’arte più importanti d’Italia: i Lelio. Nel nostro allestimento abbiamo voluto dare una forte impronta storica basandoci su un fatto realmente accaduto: la terribile pestilenza a Venezia che decimò la città. Una compagnia di comici dell’arte farà il suo ingresso in scena, creando un gioco di teatro nel teatro e rappresentando spontaneamente, senza forzature, la vita dei “figli d’arte” con testi e canovacci originali del tempo.

Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello

Si dice che un classico non muore mai, che un classico non passa mai di moda: Pirandello è un classico, e come classico continua ad essere rappresentato. All’origine, come spesso accade nel caso di questo autore, era una novella, Tirocinio, scritta nel 1905 per un pubblico borghese desideroso di ridere di tutto, anche di sé stesso. Nel 1917 il racconto diviene una commedia, una delle prime dell’autore a contenere  tutta quella che sarà la sua drammaturgia: le maschere, le apparenze, il teatro nel teatro. Siamo in un salotto borghese di primo Novecento, un salotto in cui il marchese Fabio Colli, separato, e Maddalena, madre di Agata, tentano di convincere quest’ultima,  rimasta incinta, ad accettare un matrimonio di facciata che possa conservare la reciproca reputazione e possa donare rispettabilità anche al nascituro. Il mezzo per salvaguardare le apparenze si chiama Angelo Baldovino, un uomo miserabile disposto a sposare per finta una donna. Come spesso accade nel caso di Pirandello, si tratta di facciata, di apparenza. Baldovino non è un uomo onesto, non lo è mai stato. Questo matrimonio rappresenta per lui un modo per liberarsi dalle oscure a taciute colpe passate. Ecco perché, nel momento stesso di fingersi onesto, il protagonista sceglie di portare alle estreme conseguenze le modalità e le forme di quella che è, all’interno della famiglia, una pura e semplice finzione. Di qui prende avvio l’essenza più profonda dello spettacolo, a metà fra la farsa e la tragedia. In controtendenza proprio con le convenzioni, quello che è nato come un inganno sociale si trasforma nell’unione vera di due esseri: la maschera è stata sconfitta e, per una volta, trionfa la vita tanto che il protagonista sposerà per finta una donna ma sul serio l’onestà. Nel nostro allestimento ci siamo concentrati sui quattro personaggi essenziali della vicenda, snellendo i dialoghi, spesso molto contorti e complicati pur lasciando integra la natura pirandelliana del testo: lo spettacolo risulta essere così più snello e lineare, adatto anche ad un pubblico giovane e meno preparato al teatro moderno.

Maschere nude di Luigi Pirandello

Spettacolo intenso di quella carica emotiva che solo un grande autore come Pirandello ci sa dare, si compone di due atti unici che risultano essere due grandi capolavori della letteratura italiana: “L’uomo dal fiore in bocca” e “La patente”. Tratto dalla novella “Caffè notturno”L’uomo dal fiore in bocca, è stato rappresentato per la prima volta il 21 febbraio 1923 .Si tratta di un atto unico in cui l’uomo e l’interlocutore si confrontano sul senso della vita: l’uomo che sta per morire (il fiore è la metafora dell’epitelioma, il cancro che lo condanna) e per il quale la vita ha il senso di un microcosmo da osservare con l’intensità e il rigore scientifico di un entomologo, e l’interlocutore, invece, che rappresenta la normalità di chi ha tutto il tempo davanti a sé, e si lascia coinvolgere in una piccola serie di eventi quotidiani. L’atmosfera, inizialmente realistica, acquista presto una valenza metafisica nell’analisi ossessiva che il protagonista propone attraverso una gestualità spiata da un mondo che ormai lo trova come mero spettatore. La patente , pubblicata nel 1915, rappresenta il dramma dell’uomo costretto in un’immagine nella quale gli altri lo hanno calato. E’ la storia dolorosa e grottesca di Rosario Chiarchiaro, padre di famiglia che, allontanato dalla società perché considerato iettatore, perde il lavoro e vive di stenti. Decide di chiamare in tribunale i suoi diffamatori non per ottenerne la condanna, ma per vedersi ufficialmente riconosciuta la qualifica di iettatore, la patente, appunto. Apparentemente grottesco e bizzarro, in realtà il protagonista ha tutta la comprensione di Pirandello che esprime in questa novella il suo pessimismo e rivela grande partecipazione al triste destino degli uomini.

La prima volta che sono morto di Aldo De Benedetti

Divertente e originale commedia tratta da una grande capolavoro di Aldo de Benetti, fu rappresentata per la prima volta al teatro Eliseo di Roma nel 1945 e ottenne un grandissimo successo tanto che ne fu subito tratto un film con protagonisti Vittorio De Sica, Isa Miranda e Omo Cervi. Un povero impiegato, Adriano, una sera tornando a casa si sente male, perde conoscenza e il medico lo considera morto. Già sistemato nella cassa, si risveglia dopo qualche ora, tra il terrore della moglie Maria che dapprima lo crede uno spettro. I due coniugi, felici, stanno per cenare in tranquillità prima di dare il lieto annuncio a parenti e amici, quando all’improvviso Adriano si ricorda, frugando fra carte e telegrammi, di aver stipulato un’assicurazione sulla vita che frutterebbe alla moglie, in caso di morte, la favolosa somma di trecentomila lire. La tentazione è forte, e Adriano, vinte le resistenze di Maria, decide di non cambiare le cose e di continuare a far credere a tutti di essere morto. Si finge cognato di Maria e i due vanno a stabilirsi per qualche tempo in una ridente località balneare, dove nessuno li conosce fino a che… Spettacolo esilarante e coinvolgente ricco di colpi di scena e risvolti sia comici che amari che ci lascia con il fiato sospeso fino all’ultima battuta. Un lavoro di straordinario talento di un grande nome del teatro italiano.

Anne und Hans: Erinnern

Abbiamo deciso di ricordare le vittime delle Shoah dando voce a due capolavori della letteratura internazionale: “Il diario di Anna Frank” e “L’amico ritrovato”. Una lettura intima, quasi confidenziale, in cui traspare la freschezza di due giovani vite che hanno vissuto le emozioni e palpitazioni dell’adolescenza in un periodo storico estremamente tragico. Lo spettacolo ha la struttura di un reading a due voci: la voce maschile darà vita ad Hans, protagonista narrante del romanzo di Uhlman; la voce femminile sarà invece Anne Frank. Le voci si alterneranno a momenti di musica dal vivo e, in caso di disponibilità di un video proiettore, a immagini e video.

Il diario di nonno Pietro

“Pregai, sperai, ottenni” queste sono le profonde parole incise sul moschetto spezzato in due che gli salvò la vita. Sì, lo portava sempre a tracolla, sulla schiena, proprio dove fu colpito. Pietro Minelli la Grande Guerra la visse in prima linea per cinque lunghi anni. Ritornato a casa dopo esser stato ferito, con cento schegge su tutto il corpo, ma miracolosamente vivo, il suo spirito romantico lo porta a scrivere un diario.

“Battaglia del Piave – I miei ricordi”. Così inizia questo libriccino dalla perfetta calligrafia che riporta, con toccante sentimento, i giorni dal 5 al 23 giugno 1918. Uno straordinario e inedito racconto che trasmette con impressionante forza le paure, le angosce e le speranze dei nostri soldati, i nostri uomini.

Excalibur

L’integrazione, la convivenza e l’accettazione della diversità sono attuali problematiche presenti nella vita sociale dei giovanissimi e anche dei meno giovani. Abbiamo voluto affrontarle proponendo una storia inedita basata sul cosiddetto ”Ciclo bretone”, ossia l’insieme delle avventure che ruotano intorno alla figura di Re Artù. L’intreccio si sviluppa attorno alla mitica Excalibur, la spada di Re Artù, simbolo di potere e di forza, e ai vari tentativi messi a punto dalla malvagia Morgana per entrarne in possesso. Ogni personaggio della storia possiede caratteristiche ben definite, non casuali. Artù rappresenta l’ingenuità, la semplicità e i buoni sentimenti, la dolce e buona Ginevra, originaria di terre lontane, simboleggia la diversità, l’apertura a nuove frontiere. Merlino è naturalmente la saggezza, il valido aiuto dell’esperienza e infine l’intollerante Morgana che individua un razzismo vecchio, obsoleto, d’altri tempi. E’ così che ci auguriamo che il razzismo appaia ai nostri bambini: un sentimento sorpassato che non ha più ragione di esistere.

Arlecchino perduto e ritrovato

Avete mai provato a chiedere ai bambini quali sono le maschere italiane? Indubbiamente la maggior parte di loro non lo sa, o risponde piuttosto vagamente. Le maschere della Commedia dell’Arte sono un patrimonio nazionale di inestimabile valore: i loro lazzi, i loro scherzi e i loro caratteri vengono da una comicità istintiva, popolare, che si nutre con semplicità delle vicende del quotidiano. Questo spettacolo offre alle nuove generazioni, attraverso un testo inedito e molto divertente, una panoramica sulle figure delle più importanti maschere tradizionali. Il testo stesso, che narra di un Arlecchino perduto da piccolo e poi miracolosamente ritrovato, vuole essere, oltre che una divertente storia tutta da raccontare, una grande allegoria sul tempo, che ha messo da parte i vari Brighella, Balanzone, Pantalone a favore dei personaggi televisivi o dei cartoni animati. Nasce così, dalla riscoperta delle nostre radici, dalla rielaborazione per un pubblico moderno, dalla rivisitazione e dalla ricerca questo imperdibile spettacolo fatto di burle, celie, musica e poesia.